23 febbraio 2010

Meglio correre a piedi nudi che con le scarpe da corsa 2.

In un precedente articolo “Meglio correre a piedi nudi che con le scarpe da corsa” avevamo riportato le conclusioni di una ricerca condotta nell’Università della Virginia, in cui i ricercatori ponevano l’accento sul fatto che le scarpe da corsa obbligavano gli arti inferiori a maggior lavoro ed usura.

Oggi una nuova ricerca condotta da Daniel Lieberman della Harvard University in Cambridge, Massachusetts si arriva alla conclusione che correre scalzi, è più efficiente per gli arti inferiori e soprattutto per il piede.

Chi corre con le scarpe appoggia sempre prima il tallone, mentre chi corre scalzo appoggia la parte anteriore del piede, producendo un’andatura più molleggiata e più efficiente per l’insieme delle ossa e dei muscoli delle gambe e del piede.

Smentiscono anche che il correre a piedi nudi è pericoloso o doloroso, basta prestare attenzione e dare il tempo alla pianta del piede di formare delle piccole callosità, che i corridori di molti paesi del mondo, per necessità o per scelta hanno.

Meglio correre a piedi nudi che con le scarpe da corsa.

E’ il risultato di una ricerca condotta nella University of Virginia di Charlottesville e pubblicato su PM&R: The journal of injury.

Composto di 68 persone, scelte per la loro abitudine di percorrere almeno 15 miglia la settimana ed esenti da precedenti lesioni muscolari, lo studio ha preso in considerazione la corsa dei soggetti su tapis roulant sia a piedi nudi, sia con le scarpe da corsa.

Coloro che avevano fatto il test con le scarpe da corsa, alla fine dell’esperimento, presentavano, rispetto a coloro che non l’avevano, maggiori sollecitazioni a carico della rotazione interna dell’anca, del ginocchio e della maggiore flessione dello stesso.

Come dire che la scarpa da corsa pur favorendo un buon appoggio del piede, non aiuta a preservare le articolazioni inferiori e le obbliga a maggiori rotazioni che correre senza usarle.

I ricercatori affermano che è meglio pere le articolazioni, camminare con i tacchi a spillo che con le scarpe da corsa.

Le arancie rosse ottime contro l’obesità

Pubblicato sulla rivista “Obesity”, uno studio condotto dall'Istituto Europeo d’Oncologia di Milano che ha preso in esame vari tipi d’arance e i loro potenziali effetti sulle cellule adipose.

A dei topi di laboratorio, sotto dieta ad alto contenuto di grassi, sono stati dati succhi di vari tipi d’arance e anche d’antocianine, molecole idrosolubili con colori che vanno dal rosso al blu, presenti nella frutta e nei fiori.

La conclusione ha evidenziato che le Arance rosse qualità Moro sono quelle che hanno il maggiore impatto anti-obesità, più delle stesse antocianine da sole.

Essendo queste contenute nelle arance si è ipotizzato che la sinergia di tutti gli elementi che sono presenti nelle arance rosse sia la chiave dell’efficacia maggiore.

22 febbraio 2010

Presentazione del libro " Medicina e sanità: snodi cruciali"

Venerdì 19 marzo alle ore 18 l'Ordine dei Medici di Bologna ospita la presentazione del libro "Medicina e sanità: snodi cruciali" di Ivan Cavicchi.
Giancarlo Pizza, Paolo Roberti di Sarsina e il pubblico ne discutono con l’autore
Nonostante alcune regioni siano state razionalizzate, gestite, riorganizzate, altre continuano a perpetuare storiche arretratezze: il sistema medico-sanitario, nel suo complesso, non è ancora riuscito a ripensare i suoi modelli tradizionali di tutela in sintonia con i tanti cambiamenti culturali introdotti dalla postmodernità, in particolare quelli propri ad una nuova domanda umanitaria di cura. Da questa scollatura profonda prendono forma i problemi più delicati quali il contenzioso legale, la medicina difensivistica, la delegittimazione dei medici, i conflitti e gli opportunismi professionali, il ricorso esagerato alle procedure, la sfiducia nella medicina pubblica, la diffidenza nei confronti dell’ospedale, l’ampliarsi delle medicine non convenzionali. Il volume analizza in profondità le ragioni della nostra società e indaga sulle difficoltà che la medicina e la sanità incontrano nel loro rinnovamento e ripensamento. I vecchi modelli di assistenza producono a un tempo elevati costi umani a carico delle persone e maggiori costi economici a carico del sistema. Oggi “conviene” a tutti un pensiero per un cambiamento culturale e organizzativo anche profondo. Il titolo del libro, in primo luogo, intende distinguere, medicina e sanità, per riformarne in profondità i loro rapporti. Oggi non si può continuare a negare: che la sanità è stata oggetto di infinite riorganizzazioni che però non hanno cambiato i modi di fare dei servizi e degli operatori; che la medicina, dalla quale provengono tutti i presupposti delle pratiche, del conoscere, dell’operare, è stata, dai vari riformatori di turno, colpevolmente ignorata nonostante un’intera società ci solleciti da anni a ripensarla; che gran parte dei problemi della sanità si risolvono, non sbaraccando il sistema, ma nelle università ripensando i modi di essere della medicina; che la gente oggi fa brutte esperienze di sanità ma attraverso brutte esperienze di medicina.
Ivan Cavicchi è professore di Sociologia dell’Organizzazione Sanitaria e di Filosofia della Medicina nella Facoltà di Medicina dell’Università di Tor Vergata di Roma
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di BolognaVia Zaccherini Alvisi, 440138 Bologna

La felicità arriva il venerdì, il potere benefico del weekend.

Uno studio pubblicato sul "Journal of Social and Clinical Psychology" rivela che il fine settimana è, il momento in cui ci sentiamo meglio e siamo di buon umore.

Richard Ryan, dell'Università di Rochester e Jessey Bernstein della McGill University, autori della ricerca, affermano che è la possibilità di scegliere le proprie attività e di spendere il tempo assieme alle persone care è il segreto del miglioramento dello stato fisico e mentale nei weekend.

Non importa se avete un lavoro che vi gratifica oppure no, se siete operaio piuttosto che manager nel weekend il vostro benessere migliora. Il lavoro o il suo eccesso non dovrebbe impedire di seguire i propri interessi o le persone che c’interessano.

Come a dire viviamo due giorni su sette e durante i cinque giorni di “buio” quello che facciamo non corrisponde ai nostri bisogni e interessi. Che qualcosa che non va nella vita moderna lo si poteva anche intuire, ma aldilà della conferma scientifica: soluzioni?

Nuovi studi scientifici a supporto dell’uso dalla cannabis in ambito medico, ne confermano l'utilità, per alleviare il dolore in specifiche malattie.

Non stiamo parlando sull’uso o meno della marijuana, ma della sua applicazione in ambito medico, per combattere in specifiche malattie il dolore, cosa non possibile ora con le attuali terapie.

La notizia arriva dall’Università della California e nello specifico dal Center for Medicinal Cannabis Research che in questi anni ha condotto numerosi studi clinici per verificare se la cannabis può essere un rimedio efficace contro il dolore in numerose malattie come la sclerosi multipla o in presenza di lesioni o malattia a carico del sistema nervoso centrale.

Il Dr. Igor Grant, direttore del CMCR, ha rilevato che gli ultimi studi effettuati dal Centro sulla cannabis, provano la sua utilità a livello terapeutico e medico e permettono di iniziare a parlare del suo uso in medicina.

19 febbraio 2010

La corretta alimentazione non solo, come stile di vita, ma anche come cura per la depressione.

Noi che viviamo in Italia lo dovremmo sapere, i nostri padri e i nostri nonni, nello scorso secolo avevano un alimentazione ricca di verdure, frutta, pesce, farine non raffinate e carni bianche.

Oggi anche da noi è cambiato il modo di mangiare, pasti veloci e cibi che della nostra tradizione hanno poco a che fare. Dall’Australia, uno studio a firma della Dr.ssa Felice N. Jacka, della University of Melbourne, afferma che un’alimentazione ricca di cibi grassi e raffinati oltre a causare problemi fisici, fa aumentare del 50% le possibilità d’ansia e depressione.

Lo studio è stato condotto su un campione rappresentativo della popolazione femminile australiana, con diverse età, condizioni sociali e stili di vita. Il risultato, un a dieta priva di cibi ricchi e raffinati diminuisce considerevolmente la possibilità di incorrere in ansia e depressione.

Purtroppo, la vita moderna con i suoi ritmi frenetici, ci ha fatto dimenticare molte cose e tra queste il gusto del mangiare sano usando cibi genuini.

Per diminuire la fame e combattere gli eccessi alimentari, in arrivo un gel a base di polimeri naturali che riduce l'appetito.

Pubblicata dal quotidiano inglese “Guardian”, la notizia, di una ricerca per trovare una sostanza in grado di eliminare gli eccessi di fame, dando un senso di sazietà.

Svolta nell’”Università di Birmingham” la ricerca è diretta dal Dr. Fotis Spyropoulos e al momento ha sviluppato un liquido composto di polimeri naturali che troviamo in diversi cibi, tra cui il pane. Una volta ingerito, a contatto con gli acidi dello stomaco, il liquido si trasforma in un gel, donando una sensazione di sazietà.

Ora lo studio si sta incentrando sui tempi di permanenza del gel nello stomaco durante la fase digestiva; senza dimenticare gli aspetti psicologici legati al cibo, “creare l'impressione nel consumatore di un rilascio lento e graduale dell'energia” commenta il Dr. Fotis Spyropoulos.

Lo studio è in corso da un anno e ne serviranno ancora tre prima di arrivare all’elemento definitivo, per ora il liquido è insapore, ma si potrà dargli il gusto ritenuto più idoneo allo scopo. Grosse compagnie del settore alimentare attendono successivi sviluppi del prodotto che, per le potenzialità e campo d'azione, può interessare un gran numero di consumatori.

18 febbraio 2010

Non solo il sonno, ma anche piccole pause durante la giornata ci aiutano a ricordare meglio.

Che il sonno per l’essere umano è un fattore importante, si evince dalle ore che in media durante la giornata, passiamo dormendo.

Che durante le ore di sonno, non solo il fisico ne trae giovamento, ma anche il cervello umano che le usa per imprimere nella memoria i fatti importanti della giornata e allo stesso tempo eliminare le informazioni non utili.

Ora grazie ad un recente studio coordinato da Lila Davachi e condotto da Arselle Tambini della New York University dipartimento di Psicologia, scopriamo che anche le piccole pause durante la giornata aiutano a memorizzare meglio gli eventi appena accaduti.

La strada per arrivare a queste conclusioni è stata quella di monitorare con la risonanza magnetica il cervello di un gruppo di persone alle quali, prima è stato mostrato un gruppo d’immagini e dopo una breve pausa, in cui gli è stato detto di non addormentarsi, gli è richiesto di ricordare le immagini viste poco prima.

E’ stato proprio il tracciato della risonanza ad evidenziare che le stesse aree coinvolte durante la visione delle foto si riaccendevano durante la pausa e maggiore era l’attività di queste pause durante il riposo, maggiore il ricordo.

Forse da oggi in poi al coffee break ci gusteremo le nostre bevande consapevoli che il nostro cervello lavora per noi.

Trovato enzima che controlla il processo energetico nel corpo umano.

Individuato l’enzima Fyn-chinasi che è in grado di controllare la proteina Ampk che è l’interruttore che regola il controllo energetico nel corpo.

I ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine and Neuroscience (New York) hanno sviluppato un farmaco, il SU6656, in grado di spegnere l’enzima Fyn con il risultato di bruciare più grassi.

L’esperimento è stato fatto con dei topi, che sottoposti all’azione del farmaco, hanno presentato un metabolismo maggiore, bruciando più grassi ed erano più sensibili all’insulina.

Spento l’enzima Fyn, il metabolismo accelera, grazie all’aumento della proteina Ampk e le cavie bruciando più grassi, diventano più magre.

Ora lo studio procede nell’individuare una sostanza più adatta della molecola SU6656 allo scopo, che sia non tossica e che possa in maniera più precisa inibire l’enzima Fyn.

17 febbraio 2010

Ginkgo Biloba, nuovo studio nega effetti positivi, negli anziani, sulla memoria.

Un nuovo studio dell'Università di Pittsburgh afferma che non sussistono prove che il Ginkgo Biloba sia in grado di rallentare il declino cognitivo negli anziani.

Già un anno fa, sempre dall'Università di Pittsburgh e dallo stesso gruppo di ricercatori era stata pubblicata una ricerca sempre sul Ginkgo Biloba, che non aveva trovato benefici nell’assunzione di questa pianta in persone con demenza senile o malate di Alzheimer.

Ora questa nuova ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of the American Medical Association, evidenzia che non sono state trovate differenza tra i pazienti a cui sono state somministrate capsule del prodotto, da quelle che invece hanno assunto placebo.

Lo studio è durato sei anni e fatto su un campione di oltre 3.000 persone con età compresa dai 72 ai 96 anni

Eseguito in Gran Bretagna per la prima volta un trapianto da donatore incompatibile.

Che un donatore deve essere compatibile con il paziente, è una cosa che fino oggi era legge, il rigetto dell’organo trapiantato era fatto scontato, ma ora grazie ad una nuova tecnica forse non è più valida.

Grazie all’equipe dell’University Hospital di Coventry che ha usato per la prima volta la tecnica chiamata “criofiltrazione” si è potuto compiere un trapianto di reni da donatore non compatibile ed evitare il rigetto.

Con questa tecnica il sangue è congelato e filtrato per eliminare gli anticorpi che attaccano sistematicamente l’organo non compatibile. E’ stato così possibile compiere il trapianto su una donna di 41 anni, da tempo sotto dialisi e tenuta in vita tramite macchinari, usando un rene della sorella che però non è compatibile.

Pensando alle migliaia di persone nell’attesa d’organi compatibili con i loro per eseguire il trapianto, questa nuova tecnica, potrà sicuramente portare a salvare un numero sempre maggiore di vite.

14 febbraio 2010

Epatite C, la Quercetina un flavonoide naturale è in grado di aggredire il virus.

Tra tutte le forme d’epatite, la C è sicuramente la più subdola e pericolosa. Rispetto alle altre forme inizialmente non da sintomi e spesso quando si presentano, le condizioni del fegato sono in parte compromesse.

Fondamentale per prevenire è fare un test specifico così da poter eventualmente in caso di positività monitorare la situazione.

Ora dall’Università della California a Los Angeles (UCLA) e pubblicata sulla rivista "Hepatology", arriva la notizia che la quercetina, un a sostanza naturale, sarebbe in grado di attaccare due proteine cellulari fondamentali per lo sviluppo del virus dell’epatite C.

Il fatto di attaccare le proteine cellulari e non quelle virali assicura una minore possibilità di sviluppare resistenza virale e questo potrebbe portare a diminuire la carica virale presente nell’organismo.

Il fatto che questo trattamento non presenti effetti collaterali ha spinto i ricercatori a continuare lo studio, consapevoli che le cure attuali non sempre sono possibili e che presentano diversi effetti collaterali.

La quercetina si trova in numerosi vegetali tra i quali l’uva rossa, tè verde, cipolle e iperico.

Emicrania, i dolori aumentano se siamo esposti alla luce.

Sedersi o stendersi al buio per alleviare i dolori dovuti ad un’emicrania è un gesto che la maggioranza delle persone ha sperimentato durante la propria esistenza.

E’ la prima cosa che passa per la mente per chi non ne soffre e una sperimentata consuetudine per chi con il mal di testa ci convive.

Una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Neuroscience ed effettuata presso il Beth Israel Deaconess Medical Centre di Boston ora ne spiega i meccanismi ed apre le porte allo studio di terapie e farmaci per questo tipo di malessere.

Lo studio, effettuato con pazienti vedenti e non, ha evidenziato un a differente risposta all’esposizione alla luce.

Questa evidenza è stata poi confermata in laboratorio dove a dei topi con emicrania è sta iniettato un fluido colorato e seguendone il percorso si è arrivati a delle cellule neuronali, le quali alla presenza di luce aumentano la loro attività scatenando il dolore.

Le emicranie, che colpiscono un adulto su 8, quando si presentano rendono l’individuo inabile a svolgere le loro attività e spesso si accompagnano a nausea e fotofobia.

12 febbraio 2010

Gli esercizi aerobici non portano benefici a tutti i praticanti, anzi per molti è indifferente.

In qualsiasi sport praticherete, una parte della preparazione che dovrete svolgere servirà per migliorare e ossigenare l’organismo. Per chi ha praticato calcio, termini come spezzare il fiato sono sicuramente familiari e in ogni modo gli esercizi aerobici sono alla base della preparazione d’ogni sport per migliorare e mantenere la forma fisica.

Ora dalla Gran Bretagna arriva uno studio che afferma che non è per tutti così, che per una buona percentuale dei praticanti, circa il 20%, il consumo d’ossigeno migliorava di poco durante l'attività e un altro 30% non mostrava cambiamenti nei livelli d’insulina.

Il ricercatore James Timmons del Royal Veterinari College (Università di Londra) ha coordinato lo studio condotto insieme all’Università di Louisiana e a laboratori Europei pubblicato sullo Journal of Applied Phisiology.

Per cinque giorni la settimana le persone che sono state coinvolte nella ricerca, dovevano praticare esercizi aerobici per trenta minuti. Durante tutta la ricerca sono state monitorate per seguire le variazioni del consumo d’ossigeno, dovute all’attività svolta.

Il risultato ha spinto i ricercatori a cercare nel Dna i geni responsabili del mancato beneficio dovuto dall’attività fisica e alla fine ne hanno isolati 11, che ritengono siano quelli strettamente legati al consumo d’ossigeno.

Per i ricercatori bassi consumi d’ossigeno sono fattori di rischio e poter individuare chi, da quel tipo d’attività fisica non può trarre benefici, potrà essere utile per indirizzarli verso altre strade più adatte per migliorare lo stato di salute.

Dieta mediterranea, meglio di una cura.

Nonostante che noi l’abbiamo dimenticata e tradita, per i fast food, per le cucine esotiche, ogni tanto esce una nuova ricerca e sempre con la stessa conclusione: la dieta mediterranea aiuta a mantenere un buono stato di salute.

Questa volta è uno studio proveniente dalla Spagna e precisamente dal Catalan Institute for Oncology di Barcellona, sottolinea che alimentarsi con la dieta mediterranea riduce i rischi di sviluppare vari tipi di cancro.

Un’alimentazione basata su frutta, verdura, pesce e poca carne, come quella mediterranea risulta efficace nella protezione contro i tumori e porta molteplici benefici alla nostra salute.


Il Dr. Carlos Gonzales e la sua equipe, ha preso in esame i dati di uno studio europeo condotto su circa 500.000 individui per cercare una correlazione tra alimentazione e cancro allo stomaco. Risultato, chi aveva seguito la dieta mediterranea, aveva il 33% in meno di possibilità di sviluppare un tumore.

Nello scorso secolo, dopo la seconda guerra mondiale e fino agli anni settanta l’alimentazione prevalente era basata su frutta, verdura, zuppe e minestre, pesce e poca carne, in particolare bianca come pollo e coniglio. Nonostante si arrivasse da periodi difficili e l’aspettativa di vita sia sicuramente più elevata oggi che allora, probabilmente la qualità del cibo, dell’aria non si è così elevata.

11 febbraio 2010

Dalla medicina ayurvedica un antico rimedio.

L’Ashwagandha (nome botanico Withania somnifera), in Italia è conosciuta solo dagli operatori del settore salutistico/erboristico.

Nei paesi da cui proviene, India, Sud Africa e paesi mediorientali, è conosciuta da tempo e viene usata ad esempio nella medicina ayurvedica per il trattamento di disturbi muscoloscheletrici, per un suo effetto stimolante sul sistema immunitario e per un suo effetto sedativo.

L’Ashwagandha può essere definita una pianta adattogena ed è comunemente chiamata ginseng indiano per rimarcare questo tipo d’impiego. Nel mondo esistono una varietà impressionante di piante usate a questo scopo e possiamo dire che ogni continente ha le proprie.

Per essere usata in maniera appropriata deve essere prescritta da operatori del settore che ne conosca le proprietà, i dosaggi appropriati e le eventuali controindicazioni.

Non bisogna confondere un prodotto erboristico da un medicinale e in Italia una legge del settore erboristico permette la vendita nelle erboristerie di Ashwagandha solo in estratto secco.

Se si stanno assumendo dei medicinali, controllare sempre che non ci siano interazioni farmacologiche con il prodotto in questione.

Per aiutare il cuore e tenere sotto controllo il colesterolo basta mangiare legumi.

Viene il sospetto che Bud Spencer e Terence Hill li mangiavano solo le loro qualità organolettiche, però due importanti studi confermano l’importanza dei legumi nell’alimentazione corrente, come valido contributo per mantenere sotto controllo il colesterolo ed avere un buon sistema cardiocircolatorio.

Uno studio, pubblicato sul Nutrition Metabolism and Cardiovascular Diseases, conferma che un consumo giornaliero di legumi (80-140g di lenticchie, fagioli, fave…) per minime tre settimane porta ad una visibile riduzione del colesterolo.

L’altro studio, pubblicato sul British Journal of Nutrition, ha preso in esame per ceci, piselli, arachidi, soia e vari tipi di fagioli, il loro indice glicemico, la biodisponibilità dei minerali che contengono e l’effetto da loro riportato su pazienti che presentavano valori di colesterolo superiori alla norma.

E’ risultato che tutti i legumi presi in esame presentavano un basso indice glicemico e che tutti portavano ad una riduzione del colesterolo con effetti più consistenti per quanto concerne le arachidi ed i fagioli bianchi.

Viene spontaneo da pensare che forse le generazioni che ci hanno preceduto, meno tecnologiche della nostra, certe cose già le conoscevano, visto che i legumi sicuramente erano nella loro alimentazione, forse perché non c’era altro, forse perché oggi siamo più distratti.

10 febbraio 2010

Alimentazione errata: rischio diabete

Un’alimentazione non corretta può provocare seri problemi di salute, quante volte abbiamo sentito questa frase. Diversi studi nel mondo affermano che una sana alimentazione e del movimento aiutano a mantenere in forma il nostro stato psico-fisico.

Ora uno studio durato 10 anni si è interessato dei rischi connessi, nelle donne, ad un uso esagerato del cibo dei fast food.

La ricerca effettuata su un campione di oltre 44.000 donne di colore, ha stabilito che le signore che si recavano al fast food per almeno una volta la settimana, risultavano ingrassate o in soprappeso e a rischio maggiore (il doppio) di diabete, rispetto a coloro che non usavano abitualmente quel tipo di cibo.

Autrice è la dottoressa Julie Palmer e il suo staff della Boston University che ha pubblicato sul "American Journal of Clinical Nutrition" il risultato dello studio.

La Comunità Europea propone di innalzare la soglia massima d’aflotossine presenti nella frutta secca.

Le aflotossine sono sostanze tossiche prodotte principalmente da due tipi di muffe. La loro presenza nei prodotti dipende, oltre che da fattori ambientali e climatici, anche da come sono raccolti e conservati gli alimenti.

La loro tossicità era ben nota e la Comunità Europea, già dal 2006, stabiliva un livello massimo accettabile di 4 µg/kg d’aflatossine totali. Nel 2008 il Codex Alimentarius, commissione internazionale creata nel 1963 dalla FAO e dal WHO, ha innalzato il limite massimo a 10 µg/kg d’aflatossine totali nella frutta secca.

La Comunità Europea domani dovrebbe votare a favore dell’innalzamento del limite. Le aflotossine sono presenti anche in altri prodotti vegetali, tipo mais, oli e riso e non sono distrutte dalla cottura.

Sembra strano che enti preposti alla salute pubblica, non solo in Italia, adeguino verso l’alto i limiti permessi a sostanze riconosciute come potenzialmente nocive.

09 febbraio 2010

Quando alla crudeltà si somma la cattiva scienza

COMUNICATO EQUIVITA del 09/2/10

Il Comitato Scientifico EQUIVITA si unisce alla protesta che sta investendo l’Università di Lovanio per l’assegnazione di un dottorato “honoris causa” ad alcuni scienziati italiani del laboratorio di Neuroscienze dell’Università di Parma. L’università di Lovanio ha collaborato con quella di Parma in una ricerca sui macachi in cui uno dei fini è stato, ad esempio, di dimostrare che i neuroni che si attivano nel cervello dell’animale quando afferra un oggetto con le pinze sono gli stessi che si attivano quando usa la sua mano. Per giungere a simili conclusioni le scimmie vengono totalmente immobilizzate in apparecchi di contenzione e sottoposte ad un esperimento estremamente invasivo con elettrodi nel cervello. La protesta è stata iniziata dalla Ong belga ADC (Coalizione contro gli esperimenti su animali), in collaborazione con “Antidote Europe”.
Da tempo ADC e Antidote, insieme ad EQUIVITA - e a numerose altre associazioni in Europa e nel mondo - denunciano la totale assenza di limiti etici nella ricerca sui primati non-umani (esseri molto intelligenti, dotati di grande capacità di sofferenza psichica e fisica). Le associazioni vogliono tuttavia che si conoscano tutte le ragioni del loro dissenso, che non si basa esclusivamente su argomenti etici, ma su varie altre motivazioni, in particolare scientifiche, di estrema importanza, che dimostrano come la ricerca di laboratorio su modello animale sia in tutti i sensi un pessimo investimento. Ecco i punti più importanti delle loro obiezioni. 1) Per quanto riguarda il progresso della medicina, gli esperimenti sulle scimmie - come quelli su altri animali – sono privi di qualsivoglia utilità: sebbene esistano alcune significative somiglianze tra uomo e scimmia nel funzionamento del cervello, vi sono anche differenze molto significative che vanificano del tutto la predittività dell’esperimento rispetto alla nostra specie. Pertanto, come asseriscono esperti internazionali, qualsiasi cosa venga scoperta studiando il cervello delle scimmie, dovrà essere “riscoperta” nel cervello umano perché sia possibile trarre delle conclusioni. 2) Per quanto riguarda lo studio degli animali stessi, si può senza esitazione dire che le informazioni sui loro meccanismi di elaborazione mentale vengono fornite in modo di gran lunga più completo e più affidabile con le ricerche di etologia fatte nell’ambiente naturale in cui essi vivono, piuttosto che in laboratorio, in ambiente artificiale e situazioni anormali. 3) Inoltre, le informazioni di carattere cellulare (sui neuroni) che si ottengono attraverso le metodiche invasive sugli animali forniscono informazioni assai meno complete e meno rilevanti di quelle che si ottengono con tante tecnologie di nuova generazione, non invasive in alcun modo, e che hanno il grande vantaggio di poter essere utilizzate sull’uomo: ad esempio quelle di neuroimaging funzionale, (magnetoencefalografia, risonanza magnetica funzionale ecc …) e altre tecniche correlate, che offrono una visione globale e integrata del nostro cervello (vedi conferenza del Prof. P. Furlong della Aston University, al Parlamento Europeo del febbraio 2008).4) La ricerca su animali, che il più delle volte ripete esperimenti già svolti, con piccole modifiche di secondaria importanza, sta rivelando sempre più il suo carattere speculativo (per verificare consultare Pubmed), che frena il rinnovamento oggi auspicato in vari ambienti della scienza (vedi “Toxicity Testing in the XXI Century: a Vision and a Strategy”, Rapporto del NRC, Consiglio Nazionale delle Ricerche USA, che annuncia un “cambiamento epocale” di portata tale da mettere da parte, nel prossimo futuro, i test su animali). In base a quanto illustrato nei punti precedenti, si può constatare che gli esperimenti come quello effettuati sui macachi nelle Università di Lovanio e di Parma non rispettano l’articolo 7.2 della Direttiva europea 86/609 (recepito in tutte le leggi degli Stati membri), che stabilisce:“Si eviterà di eseguire un esperimento qualora per ottenere il risultato ricercato sia ragionevolmente e praticamente applicabile un atro metodo, scientificamente valido, che non implichi l’impiego di animali”.
Comitato Scientifico EQUIVITA
Tel. + 39. 06.3220720, + 39. 335.8444949
E-mail: equivita@equivita.it Sito internet: www.equivita.org

07 febbraio 2010

LICENZIAMENTI GLAXO: GUNA SPA, NE ASSUMEREMO NOI, MA IL GOVERNO FACCIA LA SUA PARTE E SBLOCCHI IL SETTORE

Il leader italiano del pharma naturale interviene a sostegno dei 550 lavoratori a rischiodella ultinazionale farmaceutica Glaxo.
Pizzoccaro (GUNA Spa): "Faremo la nostra parte, ma il Governo sblocchi il settore
MILANO - E' di 48 ore fa la notizia a sorpresa della chiusura del polo di italiano della Glaxo, con oltre 500 ricercatori a rischio licenziamento, a causa - dichiarano i vertici della multinazionale farmaceutica - del mancato raggiungimento del budget atteso: "solo" + 11% invece che + 14%. Interviene sul caso Alessandro Pizzoccaro, fondatore e Presidente di GUNA Spa, la farmaceutica leader assoluta in italia nel settore delle medicine complementari e di origine biologica: "Il nostro è un modello diverso, sono un manager attento alle performance ed è normale nelle aziende avere un tourn-over, ma non avrei certo lasciato a casa persone o chiuso uno stabilimento per una flessione del 3% nelle performance - peraltro positive - dell'azienda. Queste sono persone, non fantocci, dietro di loro ci sono le loro famiglie: la nostra solidarietà prima di tutto va a questi lavoratori a rischio, speriamo che il loro datore di lavoro decida di tornare sui suoi passi".
Pizzoccaro rilancia - dopo una riunione straordinaria sull'argomento del Consiglio di Amministrazione della società, tenuta nella giornata di ieri - invitando anche i lavoratori Glaxo a inviare curriculum alla GUNA: "Siamo un'azienda solida, in espansione ininterrotta da 30 anni, mandateci i Vostri curriculum, se qualcuno ha competenze o trascorsi validi nel settore delle medicine non convenzionali faremo la nostra parte e valuteremo seriamente per nuove assunzioni". GUNA Spa ha inaugurato a settembre 2008 a Milano un nuovo stabilimento di ricerca scientifica per le medicine complementari, tecnologicamente il più avanzato al mondo nel settore, che produce anche per la filiale USA. "Vorrei lanciare un appello forte al Governo ed al Ministro per la Salute: da ormai 3 anni attendiamo invano che l'Italia applichi la nuova Direttiva Europea sui Farmaci, che stabilisce le regole anche per il settore omeopatico.
L'Italia rischia una procedura d'infrazione UE per questo inaccettabile ritardo, e il nostro è l'unico paese in Europa che vanta ancora restrizioni assurde: noi possiamo aprire nuove linee di prodotto e quindi anche le nostre assunzioni viaggiano al rallentatore.
L'Agenzia del Farmaco sblocchi finalmente questo dossier, anche nell'interesse di medici e pazienti, e noi potremo finalmente assumere massicciamente nuove risorse: almeno 100 ex dipendenti Glaxo potrebbero trovare in GUNA una nuova casa"

04 febbraio 2010

Firmate l’APPELLO MONDIALE di No Patents on Seeds

Segnalazione del Comitato Scientifico EQUIVITA

Firmate l’APPELLO MONDIALE di No Patents on Seedscontro la “Monsantizzazione” del cibo, delle sementi e degli animalihttp://www.keinpatent.de/index.php?id=138&L=5 (link diretto all’appello)

Riprendendo la campagna contro la brevettabilità della materia vivente che per molti anni, quale CSA (Comitato Scientifico Antivivisezionista) abbiamo portato avanti, e quali sostenitori della Coalizione “No Patents on Seeds” (Bern declaration, Greenpeace, Misereor, No Patents on Life!, Development Fund e SWISSAID), vi trasmettiamo il presente Appello mondiale contro la “Monsantizzazione” del cibo, delle sementi e degli animali da allevamento. Il termine "Monsantizzazione" fa riferimento alla Monsanto - in quanto multinazionale più aggressiva di ogni altra nel suo incessante desiderio di espansione - per avvertire che tutta la produzione, lungo la filiera che dalle sementi giunge al prodotto finito, rischia di essere controllata da un numero sempre più ridotto di aziende private (come Monsanto, Dupont, Syngenta), il cui potere sarà sempre crescente. Nell’appello si chiede ai Governi, ai politici e agli Uffici brevetto di tutto il mondo di porre fine alla concessione di brevetti su sementi e animali. Il numero delle domande di brevetto su piante e animali, infatti, sta aumentando con allarmante rapidità (si è giunti a concedere brevetti anche su organismi non geneticamente modificati).La perdita di autonomia e l’innalzamento del debito degli agricoltori, la riduzione delle varietà di piante e animali, le sempre crescenti restrizioni per attività di allevamento e di ricerca, e la concentrazione della produzione di sementi, rappresentano alcuni degli effetti più preoccupanti di questo fenomeno. L’Appello mondiale, firmato da quante più persone e organizzazioni possibile, sarà consegnato ai Governi e agli Uffici Brevetto di tutto il mondo a fine marzo, nel corso di una giornata mondiale di azione contro i brevetti.Per ottenere un cambiamento politico tale da fermare la brevettazione – ovvero la privatizzazione - di piante e animali, maggiore “bene comune” di questo pianeta, abbiamo bisogno del vostro aiuto.


APPELLO MONDIALE Contro la “Monsantizzazione” del cibo, delle sementi e degli animali No ai brevetti sulle piante e gli animali!

Chiedo:
Che i brevetti sulle sementi e gli animali da allevamento siano vietati in tutto il mondo
Che le autorità politiche e gli uffici brevetto intervengano al più presto per bloccare la concessione di brevetti su piante e animali ottenuti mediante riproduzione convenzionale, nonché su sequenze di DNA utilizzate con tecniche di riproduzione convenzionale come la selezione assistita da marcatori.

FERMIAMO LA “MONSANTIZZAZIONE" DEL CIBO, DELLE SEMENTI E DEGLI ANIMALI!
Associazioni di agricoltori di tutto il mondo, allevatori, istituzioni delle Nazioni Unite e organizzazioni che si occupano di sviluppo e di ambiente hanno ripetutamente sollevato enormi preoccupazioni sull’aumento della monopolizzazione di sementi e di animali attraverso i brevetti nel corso degli anni più recenti. La perdita di autonomia e l’innalzamento del debito degli agricoltori, la riduzione delle varietà di piante e animali, e le sempre più crescenti restrizioni per attività di allevamento e di ricerca rappresentano alcuni degli effetti più preoccupanti di questa tendenza. Ma nonostante questa allarmante situazione non è stato attualmente preso alcun provvedimento legale per fermarla. Al contrario, secondo un’indagine recente sulle domande depositate presso l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (WIPO), le grandi aziende internazionali delle sementi cercano sempre più di imporre il proprio monopolio senza preoccuparsi delle conseguenze sulla sicurezza alimentare mondiale e sulla capacità di sostentamento degli agricoltori di tutto il mondo. Lo dimostrano le recenti domande di brevetto depositate dalle tre società leader a livello mondiale: Monsanto (USA), Dupont (USA) e Syngenta (Svizzera). I cittadini, le organizzazioni e le istituzioni firmatari chiedono ai governi ed agli Uffici brevetto di fermare questo sviluppo preoccupante e di rivedere le attuali leggi brevettuali. Le leggi della UE, degli USA e di molti altri Paesi, così come gli Accordi Internazionali sulla Proprietà Intellettuale (TRIPS) del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), necessitano di una urgente revisione per fermare la monopolizzazione ed il controllo delle risorse genetiche mondiali da parte delle imprese. Tale revisione deve condurre ad una regolamentazione che garantisca il diritto al cibo e un divieto dei brevetti su piante e animali. Gli esempi che seguono mostrano alcune delle richieste di brevetto portate all’estremo. Molte delle rivendicazioni in esse contenute si possono descrivere come assurde e ridicole. Queste richieste dimostrano a quale eccesso si sia giunti con le attuali leggi brevettuali e quanto esse siano inadeguate. In soli quattro anni, tra il 2005 ed il 2009, la Monsanto ha presentato presso il WIPO circa 150 domande di brevetto sulla riproduzione delle piante. Tali richieste dimostrano una tendenza crescente a pretendere diritti esclusivi di proprietà su piante e animali non soltanto geneticamente modificati ma anche facenti parte della biodiversità esistente, nonché sui metodi di riproduzione convenzionali. Prima del 2005 sono state depositate solo alcune domande di questo tipo, mentre tra il 2005 ed il 2009 oltre il 30% delle domande di brevetto della Monsanto ha riguardato la riproduzione di piante convenzionali: una tendenza che si osserva anche con le altre grandi multinazionali sementiere. Nello stesso periodo Dupont ha depositato circa 170 domande di brevetto sulla riproduzione delle piante, il 25% delle quali riguardanti la riproduzione convenzionale; Syngenta ha depositato circa 60 domande, il 50% delle quali riguardanti la riproduzione tradizionale. Tra le grandi società sementiere, la Monsanto è l’unica che abbia depositato domande di brevetto anche sugli animali: dal 2005 l’azienda nordamericana ha depositato circa 20 brevetti sulla riproduzione di animali. Esempi: · Nella domanda di brevetto WO2008021413 (“monsantizzazione” del mais e della soia) la Monsanto vuole ottenere la proprietà esclusiva di metodi ampiamente utilizzati nell’ambito della riproduzione convenzionale. In oltre 1.000 pagine e 175 rivendicazioni, la Monsanto chiede l’utilizzo esclusivo di diverse sequenze e variazioni genetiche, in particolare del mais e della soia. La Monsanto giunge anche a rivendicare tutte le piante di mais e di soia che contengono tali elementi genetici. Nel brevetto, inoltre, vengono elencati tutti gli usi concernenti il cibo, l’alimentazione e le biomasse. Introducendo nelle richieste specifiche applicazioni regionali, la Monsanto mostra di voler utilizzare il brevetto in Europa, in Argentina e in Canada. · Nella domanda di brevetto WO2009011847, (“monsantizzazione” della carne e del latte”) la Monsanto rivendica senza esitazioni metodi di riproduzione animale, gli stessi animali e finanche “il latte, il formaggio, il burro e la carne”. · Altre società portano avanti una strategia parimenti aggressiva, depositando domande di brevetto sulle risorse genetiche necessarie alla produzione del cibo e dei mangimi. Un esempio è la domanda di brevetto WO2008087208, (“brevetto della Syngenta sul rendimento del mais”), riguardante le caratteristiche genetiche che determinano il rendimento del mais. Nella domanda la Syngenta rivendica le piante e finanche il raccolto! · Diversi brevetti simili sono stati già concessi. Tra questi, il brevetto sulla riproduzione della soia WO98/45448 (“brevetto della Dupont sul tofu”), concesso in Europa, in Australia e negli Stati Uniti e riguardante il tofu, il latte di soia e gli alimenti per bambini derivati dalla soia. Questa domanda di brevetto, o altre della stessa tipologia, sono state depositate anche in Brasile, in Canada, in Cina, in Giappone, in Norvegia e in Nuova Zelanda. Brevetti di questo tipo rappresentano l’ossatura di una strategia volta ad ottenere il controllo globale di tutti i livelli della produzione alimentare. Essi non solo frenano la ricerca e l’innovazione, ma mirano anche a bloccare l’accesso alle risorse genetiche e alla tecnologia, creando nel contempo nuove dipendenze per i contadini, i selezionatori ed i produttori alimentari. Tuttavia la resistenza a questo sopruso (chiamato “monsantizzazione” dell’alimentazione) si sta costituendo e sta crescendo: Nel 2007, associazioni di agricoltori e di ONG di tutto il mondo hanno creato la piattaforma mondiale “No Patents on Seeds”. Nel 2008 l’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) è stato sommerso da centinaia di lettere sul caso del brevetto sul broccolo, PE1069819, che viene scelto emblematicamente perché la sua approvazione, si ritiene crei un precedente. Nel 2009 migliaia di agricoltori e di cittadini, oltre che di ONG e delle stesse autorità governative, hanno presentato un ricorso contro il brevetto europeo PE 1651777 sulla riproduzione dei maiali, richiesto dalla Monsanto nel 2004. I cittadini, le organizzazioni e le istituzioni firmatari, esortano i politici e gli Uffici brevetto del mondo intero a vietare categoricamente brevetti come quelli summenzionati. È indispensabile un cambiamento radicale sia nella legislazione brevettuale sia nelle prassi degli Uffici brevetto per eliminare i brevetti su piante e animali. La legge non deve più permettere la continua appropriazione indebita e il monopolio delle sementi, delle piante e degli animali da parte delle imprese. In caso contrario, questi brevetti diventeranno un rischio estremo per la sicurezza alimentare globale e la sovranità alimentare regionale. PER FIRMARE:http://www.keinpatent.de/index.php?id=138&L=5 Comitato Scientifico EQUIVITATel. + 39. 06.3220720, + 39. 335.8444949E-mail: equivita@equivita.it Sito internet: www.equivita.org