15 maggio 2009

In occasione del Convegno Nazionale di Naturopatia intervista ad Antimo Zazzaroni

“Il naturopata educa alla salute ed alla prevenzione”

Il direttore della Scuola Italiana di Naturopatia ci spiega come nasce la figura del naturopata e quali sono le prospettive future

URBINO – “Naturopata e naturopatia: aspetti legislativi, confronti europei, esperienze sul territorio”. E’ questo il tema del Convegno Nazionale di Naturopatia che si terrà a Rimini sabato 16 maggio 2009 dalle ore 15 alle ore 19. Proprio in occasione di questa giornata dedicata all’informazione e alla formazione, Antimo Zazzaroni, direttore della Scuola Italiana di Naturopatia, interviene per spiegare la funzione del naturopata e gli sviluppi futuri in questo campo.
Come possiamo definire il naturopata?
Possiamo definire il naturopata come un consulente per la salute, una figura che opera nell’ambito della prevenzione primaria, degli stili di vita sani e corretti e dei trattamenti non invasivi. Purtroppo, in Italia, la naturopatia e tutte le medicine non convenzionali, non sono regolamentate. L’Inghilterra, la Germania, il Portogallo, la Svizzera, l'Ungheria, ed altri paesi europei, hanno già capito da molto tempo l’importanza della figura del naturopata. Normalmente si parla di diritti alla salute e non di doveri. Dobbiamo renderci conto, però, che ognuno di noi ha il sacrosanto dovere di stare in salute, per se stessi e per non diventare un peso dal punto di vista psicologico ed economico, per la famiglia e per la società. Prendiamo atto che mediamente l'80% del budget economico delle regioni italiane viene speso per il settore sanità, con grande peso a livello di tasse pagate dai cittadini. Pertanto la figura del naturopata, a nostro avviso, si inserisce in modo ottimale in questo contesto e potrà diventare sempre più importante ed indispensabile negli anni a venire, ovviamente in rapporto alla crescente esigenza di prendere coscienza di quanto sia più importante prevenire invece di curare e quindi cercare di non ammalarsi.
Come e dove opera la figura del naturopata?
Il naturopata può collaborare con il medico, essere un libero professionista o interagire con altri operatori del settore. Si trova spesso ad operare nei centri benessere, in strutture termali, in palestre, ma anche in centri di estetica, erboristerie, ambulatori e parafarmacie.
Come viene considerata la figura del naturopata negli ambienti medici? C’è ancora diffidenza intorno a questa figura?
In ambito medico la diffidenza c’è, ma questo deriva dal fatto che non si è ancora riusciti a coglierne il ruolo sociale. Vista la condizione di “vacatio legis” che sta vivendo la naturopatia, spesso c’è la tendenza a chiudersi al non-convenzionale. Quello che ci auspichiamo, noi, che ogni giorno ci troviamo ad operare in questo settore, è che possa nascere un dialogo proficuo fra il naturopata e il medico nell’ottica di un ottimale benessere a livello individuale e sociale. Già in diverse parti d’Italia questa collaborazione sta portando ottimi risultati.
Oggi come oggi si parla tanto di regolamentare il naturopata. Che cosa c’è, dunque, nel futuro della naturopatia?
Le prospettive sarebbero sicuramente più rosee se tutti riuscissero a capire l’importanza della prevenzione. Quello che mi auguro, anche come direttore della Scuola Italiana di Naturopatia, è che, in Italia, questa figura così importante possa essere sempre più valorizzata, come già accade in diversi paesi europei. Sappiamo che si sta lavorando per il riconoscimento di questa figura. Esiste, infatti, una direttiva europea la quale afferma che, in mancanza di regolamentazione, le associazioni di categoria presenti nel territorio possono fungere da garanti per testimoniare che il naturopata ha seguito un iter formativo ben preciso, qualificato e può quindi esercitare la professione. In Inghilterra, ad esempio, molti naturopati riescono a lavorare proprio perché vi sono associazioni in grado di garantire per loro e per l'utente. Ci auguriamo davvero che i naturopati possano collaborare tutti insieme per far sì che questo riconoscimento avvenga al più presto.

08 maggio 2009

UN RILANCIO DELLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE IN EUROPA

La politica delle 3R adottata a Bruxelles per promuovere la Revisione della direttiva 86/609 sulla sperimentazione animale non ha avuto effetto ne’ per una maggiore tutela degli animali, ne’ per una tutela del nostro diritto alla salute.
Il voto espresso dal Parlamento Europeo sulla Revisione della Direttiva 86/609 sulla sperimentazione animale, estremamente deludente, che lascia irrisolti anche i punti più marginali contestati alla vecchia legge, dimostra che un restyling architettonico (la strategia delle 3R) non può salvare un edificio le cui fondamenta si sono rivelate inesistenti.

Il Comitato Scientifico EQUIVITA ha tentato con numerosi appelli rivolti non solo al Parlamento, alla Commissione e al Consiglio dei Ministri, ma anche alle Ong coinvolte nel dibattito, di mettere in evidenza le enormi contraddizioni insite nella proposta di Revisione:
quella di non accogliere la critica - ormai diffusa in tutto il mondo – del movimento di scienziati antivivisezionisti che si oppongono, in nome della scienza, al modello animale per  la ricerca medica e tossicologica; quella di trascurare il fatto che la sperimentazione animale non ha mai subito una verifica (o validazione) analoga a quella richiesta per i nuovi metodi; quella di acconsentire addirittura che la sperimentazione animale venga usata quale parametro di confronto per valutare i nuovi metodi; quella, in conclusione, di non cogliere l’importante momento attuale, indicato dal NRC (Consiglio Nazionale delle Ricerche degli USA) quale momento di un “cambiamento epocale, già in atto”  in cui la sperimentazione su animali, ormai giudicata poco affidabile, dovrà essere sostituita dai nuovi metodi scientifici. Questi ultimi, oggi assai più precisi ed efficaci, sono già in uso in tutto il mondo e derivano dai recenti sviluppi di svariate branche della scienza, ma in Europa attendono ancora la “validazione” … Il Comitato Scientifico EQUIVITA si appella al sottosegretario Francesca Martini, che parteciperà  per noi al Consiglio dei Ministri Europeo, in cui sarà presa la decisione finale su questa direttiva, affinché tenti di frenare una situazione veramente paradossale: il rilancio di una legge vecchia, che  ufficializza nuovamente un dogma scientificamente improponibile e fa in modo che l’Europa accumuli ritardo nel progresso della Ricerca.

Comitato Scientifico EQUIVITA
Tel. + 39. 06.3220720, + 39. 335.8444949
E-mail: equivita@equivita.it
Sito internet: www.equivita.org

06 maggio 2009

NO ALLA MODIFICA DELLA SPECIE UMANA!

I brevetti sulla materia vivente e il loro percorso da tempo preannunciato
La brevettabilità della materia vivente (o facoltà di privatizzare, attraverso un brevetto, una pianta, un animale, ma anche una parte del corpo umano), è stata conquistata dalle aziende biotech negli anni ’80-’90, con nuove leggi brevettuali del tutto rivoluzionarie.
Con il pretesto di una minima modifica genetica introdotta nell’organismo, la pianta o l’animale divenuto Ogm (organismo geneticamente modificato) viene trasformato da inalienabile “bene comune” dell’umanità (quale elemento del creato o della natura) in proprietà privata dell’azienda, alla quale consente di riscuotere i diritti ad ogni ciclo riproduttivo. Le nuove leggi brevettuali hanno inoltre consentito di riscuotere i brevetti sui geni umani nel momento stesso della loro scoperta, senza Interventi di “creatività” umana (e oltre 6.500 brevetti per altrettanti geni furono concessi a Craig Venter, lo scienziato americano che nel 2000 riuscì per primo a pubblicare il sequenziamento del genoma umano, nonostante lui abbia sempre pubblicamente dichiarato che offriva la sua scoperta all’umanità…).
Ma la storia degli Ogm, in particolare delle loro applicazioni in agricoltura, dove le industrie che li imponevano sul mercato hanno potuto riscuotere ingenti diritti, ci ha in questi anni insegnato alcune cose. La prima: dietro ai presunti benefici annunciati a gran voce per commercializzare gli Ogm non vi è altro che … i benefici commerciali per i detentori dei brevetti. Nessuna delle caratteristiche migliorative annunciate (maggiore produttività, maggiore sostenibilità) si è realizzata, mentre sono sempre più gravi le conseguenze negative, di carattere ambientale e di carattere sociale, che fanno degli Ogm di certo non la soluzione per la fame nel mondo, ma una importante concausa di essa (vedi anche le parole del Papa, citate nell’Osservatore Romano dell’1/05/09, “la campagna di semina di Ogm, che pretende assicurare la sicurezza alimentare […] rischia di rovinare i piccoli agricoltori […] e di renderli dipendenti dalle società produttrici di Ogm”).
La seconda: gli effetti ottenuti con la modifica del DNA, non corrispondono mai a quelli programmati. All’interno del DNA, i suoi diversi frammenti operano in combinazioni di tale complessità da non consentire di determinare i risultati. Allo stesso modo, dentro all’organismo o ad un ecosistema, le infinite relazioni che legano le diverse parti costituiscono una rete talmente fitta da rendere gli esiti delle manipolazioni, sia a breve che a lungo termine, del tutto imprevedibili. La terza: chi detiene i brevetti possiede un potere economico di tale portata che ogni insuccesso verrà tenuto nascosto fino a negarne l’evidenza. La quarta: la cultura temeraria che ha ispirato le nuove applicazioni di tante importanti scoperte scientifiche, mirata ad inseguire successi professionali e soprattutto economici, riduce l’essere vivente, uomo compreso, ad una scatola di montaggio, snaturando il valore stesso della vita.
Questa cultura è una delle cause più gravi dell’attuale crisi globale che coinvolge l’intera società umana, la sua economia, la sua politica e soprattutto i principi più fondamentali di etica senza i quali essa non potrà sopravvivere. Oggi, trascurando il fatto che l’intervento sulle linee germinali dell’uomo è vietato da precisi accordi internazionali, due idoli del mondo della Scienza infrangono, dalla prima pagina di “ Repubblica” (5/05/09) una nuova impensabile barriera: quella dell’eugenetica. James D. Watson, scopritore ufficiale del DNA nel lontano 1953 e noto per la sua posizione favorevole ad un’eugenetica molto spinta, per la quale ha già in passato ricevuto molte critiche, in una intervista che reca il titolo alquanto esplicito “Usiamo il DNA per migliorare la specie” dichiara “se aggiungere 3 o 4 geni al DNA servirà a renderci più sani e intelligenti, dobbiamo farlo […] non dobbiamo avere paura di entrare nell’ignoto”.
Umberto Veronesi ha invece l’ardire, malgrado l’incalzare quasi quotidiano di documenti scientifici che dimostrano l’insuccesso degli Ogm in agricoltura (vedi nota 1), di affermare ancora che essi combattono fame e sete nei paesi poveri e che migliorano l’alimentazione nel mondo occidentale. Pur se più cauto nel valutare i futuri interventi sul DNA umano (che richiedono, egli afferma, un lungo dibattito pubblico) egli non sembra contrario ad un simile passo.
Il Comitato Scientifico EQUIVITA, che ha sempre visto nella produzione dei “designer babies” (bambini prodotti su ordinazione) una minaccia ben reale - grazie ai brevetti sui geni umani, al brevetto anch’esso già concesso sull’embrione umano e ad un sempre più disinvolto uso della clonazione riproduttiva - mette in guardia chi con grande facilità accetta oggi dichiarazioni come quelle di Watson e di Veronesi, mette in guardia chi è inconsapevole delle spinte commerciali che continueranno ad essere il motore di ogni innovazione, di ogni passo futuro impropriamente definito come “progresso”. Un business come quello dei “designer babies”, che di certo potrebbe essere il più importante di tutti i tempi per le aziende biotech, se autorizzato dalla Società Civile, renderà le visioni di Orwell e di Huxley per noi paurosamente reali. (1) -
Rapporto 2006 di Friends of the Earth “Who benefits from GM crops?” - Rapporto IAASTD, International Assessment of Agricultural Knowledge, Science andTechnology for Development”, commissionato dalle Nazioni Unite - Rapporto “Failure to yield” di UCS, Union of Concerned Scientists - Documenti di Charles Benbrook, già direttore Agricoltura nella Academy of Sciences degli USA Comitato Scientifico
EQUIVITATel. + 39. 06.3220720, + 39. 335.8444949
Sito internet: www.equivita.org

01 maggio 2009

Serve una legge per tutte le medicine non convenzionali

Libertà di scelta nelle cure
Il dott. Giancarlo Pizza, Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Bologna tiene a sottolineare che la sua attività professionale è quella di medico “allopatico” non esercitante alcuna delle Medicine Non Convenzionali. «La mia funzione, nell’ambito dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola-Malpighi di Bologna è quella di Responsabile del Modulo di Immunoterapia della Unità Operativa di Urologia nel cui contesto vengono effettuati trattamenti di immuno-vaccinoterapia antineoplastica nelle neoformazioni prevalentemente renali. E dunque la mia attenzione alle Medicine Non Convenzionali è quella che si deve a Sistemi Medici in grado di dimostrarsi efficaci indipendentemente dalla loro origine occidentale od orientale.
Come Presidente di un Ordine, inoltre, ho solo interesse all’incastonamento in scuole di insegnamento riconosciute dal Parlamento italiano di queste Medicine a garanzia della professionalità del medico esercitante le MNC e dunque a garanzia della salute del cittadino che vi si affida».
Lei ha inviato una lettera a tutti i Presidenti degli Ordini dei Medici d’Italia avente per oggetto le Medicine Non Convenzionali. Perché?
«La lettera da me inviata il 24 aprile al Presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (FNOMCeO), dott. Amedeo Bianco, e a tutti i Presidenti degli Ordini d’Italia scaturisce da un passaggio della relazione che Amedeo Bianco ha presentato al Consiglio Nazionale del 16-17 aprile u.s., in cui si afferma che nello scorso luglio a Trieste “In un seminario del Comitato Centrale aperto a competenze del Ministero del Welfare e delle regioni… abbiamo individuato aspetti regolatori ...e caratteristiche di principi fondamentali in capo alla legislazione nazionale” che si sarebbero concretizzati nel proporre il riconoscimento legislativo a solo tre delle nove MNC già riconosciute dal Consiglio Nazionale svoltosi a Terni nel 2002.
Da indiscrezioni, non smentite dal Bianco, questi “aspetti regolatori” avrebbero riguardato soltanto tre delle nove MNC sinora riconosciute dalla FNOMCeO.
Poiché la relazione veniva posta all’approvazione del Consiglio Nazionale, che è l’organo deliberativo della Federazione, si sarebbe approvato un arretramento della posizione senza alcuna adeguata discussione e senza sapere che cosa era stato discusso esattamente a Trieste nel Comitato Centrale da chi e con chi.
Posizione assolutamente non accettabile.
Di qui la mia reazione già in sede di Consiglio Nazionale a Roma il 18 u.s. e la necessità di sgomberare il campo dagli equivoci con la motivata riconfermata opposizione per iscritto. Il fatto che le Regioni comincino a legiferare nell’accezione concorrente in ambito di organizzazione sanitaria è ineccepibile, ma che la FNOMCeO si posizioni, arretrando, sino a ritenere di dover giudicare possibile il riconoscimento legislativo a solo tre delle nove MNC avallate nel Convegno di Terni, è cosa poco accettabile».
Quali sono le problematiche giuridiche, oltre che terapeutiche, legate alle Medicine Non Convenzionali (MNC)?
«Ora, a fronte di alcune derive riduttive che si propongono da parte di altri soggetti e concernenti il riconoscimento in sede legislativa regionale di solo tre MNC pare oltremodo doveroso sottolineare non solo gli importanti riconoscimenti di cui si avvalgono tutte le nove MNC in campo internazionale ma anche il pericolo che la sola legiferazione per un numero limitato di MNC comporterebbe. Infatti le eventuali MNC escluse, sebbene meno praticate ma comunque ben lungi dal non essere meritorie al pari delle altre, finirebbero in una sorta di limbo e praticate al di fuori delle istituende norme di salvaguardia e riconoscimento da parte del legislatore».
Quindi manca l’informazione?
«Non solo. Emerge l’esigenza di evitare ulteriori frammentazioni regionalistiche, in direzione di una legge nazionale che sancisca la piena e paritaria accettazione e il riconoscimento di tutte le MNC, senza discriminazioni, per realizzare compiutamente anche in questo campo il diritto costituzionale della libertà di scelta e di pari accesso alle cure».
SCIENZA S. SariPubblicato il giorno: 30/04/09