26 aprile 2011

A Parigi un’alleanza europea per sconfiggere la vivisezione

COMUNICATO EQUIVITA 26/04/11

Davanti al meraviglioso e storico scenario del municipio di Parigi si è svolta sabato 23 aprile una manifestazione antivivisezionista europea organizzata da “Antidote-Europe”, “Fondazione Brigitte Bardot” e “International Campaigns”.
Ad essa ha aderito il Comitato Scientifico EQUIVITA insieme alla maggioranza delle associazioni europee che chiedono a gran voce l’abolizione della sperimentazione animale.

Erano presenti sia i difensori dei diritti degli animali che le associazioni che si battono per un miglioramento della scienza e la tutela della salute umana. Tema principale degli interventi è stato, in un caso come nell’altro, quello dell’inaccettabile fallacia dei test su animali, che, invece di condurre al progresso scientifico, sono oggi in grande parte causa delle sconfitte nelle cure delle malattie più gravi. La violazione dei diritti degli animali ha dimostrato, infatti, da lungo tempo di portare l’umanità alla violazione dei diritti umani (primo tra tutti quello alla salute).

L’origine di questa manifestazione è stata lo sdegno sollevato dalla nuova Direttiva europea 2011/63 sulla sperimentazione animale. Questa Direttiva, invece di aprire alle nuove tecnologie portate dai molti progressi recenti della scienza (come è stato fatto negli Stati Uniti), ha voluto fare un passo indietro rafforzando l’uso del “modello animale”.

La proposta del Comitato Scientifico EQUIVITA (rappresentato dalla coordinatrice Fabrizia Pratesi), accolta da tutte le associazioni, è stata di attivarsi al più presto per una raccolta di firme europea ai fini della presentazione alla Commissione di una proposta di legge di iniziativa popolare. Questo è reso oggi per la prima volta possibile dall’articolo 11 del Trattato di Lisbona (il cui Regolamento è stato di recente approvato). La legge che sarà proposta dovrà correggere la rotta segnata dalla Direttiva 2011/63 e dovrà dare una speranza all’Europa di una reale tutela dei diritti umani e dell’ambiente, anche a discapito di interessi economici privati.

La manifestazione è stata seguita da una marcia che si è conclusa alla Place des Vosges, davanti alla casa di Victor Hugo, presidente della prima associazione antivivisezionista francese.

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14 aprile 2011

I costi sociali degli Ogm

E’ giunta l’ora di una nuova politica globale

Il Comitato scientifico EQUIVITA si rallegra per la proposta della Commissione parlamentare UE “Salute pubblica e Sicurezza alimentare” (firmata On. Lepage), fatta alla Commissione Europea, di inserire la tutela della biodiversità e degli equilibri ambientali tra gli argomenti ai quali gli Stati membri potranno appellarsi per vietare gli Ogm sul loro territorio.

Se la proposta sarà accolta, vi sarà una reale possibilità per gli Stati membri della UE - anche in osservanza della Convenzione Internazionale sulla Biodiversità - di far valere il loro diritto ad essere Ogm-free.

IL Comitato Scientifico EQUIVITA ritiene, tuttavia, che l’integrazione, proposta dall’On. Lepage dovrà rappresentare il primo passo, necessario ma non certo sufficiente, di un ben più importante processo di riconversione dell’intera politica dell’UE in materia di Ogm (e di agricoltura in generale).
Infatti, mentre la Commissione concede agli Stati membri la facoltà di rifiutare gli Ogm sul loro territorio (un’arma che rischia comunque di essere spuntata, in particolare per l’apertura delle frontiere e per la nota impossibilità di coesistenza delle coltivazioni Ogm con altre colture, dovuta all’inquinamento genetico), essa ha da tempo annunciato un processo di approvazione degli Ogm assai più snello e veloce a livello europeo.

Non ha inoltre messo in atto le indicazioni avute dal Consiglio dei Ministri del 4/12/08, che i cittadini europei avevano accolto con grande entusiasmo.

Tali indicazioni si possono riassumere in 4 punti:

1) Autorizzazione per le zone dichiaratesi Ogm-free di essere tali.
2) Applicazione del principio di precauzione, con particolare attenzione alla valutazione dell’effetto dei pesticidi - o diserbanti - il cui consumo si quadruplica con gli Ogm e i cui danni per la salute e l’ambiente si mostrano sempre più evidenti.
3) Introduzione di valutazioni effettuate da scienziati indipendenti per lo studio degli effetti degli Ogm.
4) Valutazione dell’impatto socio-economico degli Ogm.

Di tutte le richieste fatte dal Consiglio dei Ministri l’ultima di questo elenco (valutazione dell’impatto socio-economico) è stata, malgrado fosse la più importante, di gran lunga la più trascurata.

Eppure, guardando anche l’attuale situazione del Nord Africa, vediamo quali possano essere le conseguenze di una politica internazionale assai miope e dissennata, che non ha saputo usare criteri di giustizia e di democrazia. Analizzando il ruolo che le politiche e gli organismi internazionali (in primis il WTO) hanno avuto nella diffusione degli Ogm, vediamo che è grazie a questi che le aziende transnazionali hanno ottenuto il controllo, spesso il monopolio, della produzione e della distribuzione di cibo nel mondo. Ne consegue che la modifica genetica è sempre stata un pretesto per ottenere il brevetto … e i diritti che ne derivano ad ogni ciclo riproduttivo della pianta.

Il Comitato Scientifico EQUIVITA, già Comitato Scientifico Antivivisezionista, si è sempre battuto (a partire dal 1995 opponendosi alla direttiva 98/44) contro tali brevetti, per tutelare il bene comune più importante che possediamo e che mai avrebbe dovuto essere privatizzato: la materia vivente del pianeta.

Come dice Luciano Gallino (la Repubblica, 10.5.08) nell’articolo “Così l’occidente produce la fame nel mondo”: “Abbiamo smantellato i sistemi agricoli regionali, ricchi di biodiversità, partecipi degli ecosistemi locali, facilmente adattabili alle variazioni di clima, che avrebbero potuto nutrire la popolazione del posto. Abbiamo consentito che fossero sostituiti dall’agricoltura estensiva delle grandi corporation”. (destinata ad alimentare gli animali d’allevamento dei paesi ricchi, ndr).
Dall’India all’America Latina, dall’Africa all’Indonesia e alle Filippine, milioni di ettari sono stati trasferiti in pochi anni dalle colture intensive tradizionali praticate dalle piccole aziende contadine a colture estensive gestite dalle grandi corporation delle granaglie (…). I contadini, espulsi dai campi, vanno a gonfiare gli sterminati slum urbani del pianeta, oppure si uccidono. Nella sola India vi sono stati tra il 1995 e il 2006 almeno duecentomila suicidi di piccoli coltivatori (…) Al singolo individuo di questa parte del mondo resta da decidere cosa fare. Può spegnere la TV (...). Oppure può decidere di investire una quota dei suoi risparmi in azioni dell’agrindustria (…), un investimento promettente perché i prezzi degli alimentari continueranno a crescere. Infine può scrivere al proprio deputato in Parlamento chiedendogli di adoperarsi per far costruire attorno alla penisola un muro alto dodici metri per tener fuori gli affamati”.

La migliore ragione per opporci agli Ogm, più ancora del danno alla salute, più ancora del danno all’ambiente, è proprio questa… gli Ogm sono, in quanto piante o animali privatizzati, uno dei migliori strumenti usati per quella che Gallino chiama “la produzione industriale della fame nel mondo”.
Questo argomento dovrebbe essere un motivo di appello per gli Stati che si oppongono agli Ogm, in attesa di una presa di coscienza generale che ci consenta la diffusione dell’informazione e l’avvio di un processo di riconversione della politica economica ed agricola mondiale.

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COMUNICATO EQUIVITA 14/04/11

06 aprile 2011

La “Franken-mucca”: nuova trovata sul fronte Ogm

COMUNICATO EQUIVITA 04/04/11

In Cina un’equipe di scienziati della “China Agriculture University”, in collaborazione con la società privata “Gene Protein Biotechnology”, ha introdotto nel DNA della mucca due geni con il fine di renderne il latte più simile a quello umano.
Dalla progenie di tale mucca, ottenuta per clonazione, sarà ricavato il latte Ogm per neonati (“Frank-milk”).
La notizia, presentata quale nuova importante conquista delle biotecnologie (che è ben lontana dall’essere poiché l’inserimento di due geni non garantisce la qualità ne’ la sicurezza del prodotto) ha scatenato accese polemiche:

1. non vi è ragione di nutrire, proprio i bambini, con prodotti derivati da animali clonati dei quali sono tuttora ignoti i rischi, ma non sono ignote le sicure patologie (vedi Repubblica 29/04/02, “L’allarme del padre di Dolly: i cloni hanno difetti genetici […] La clonazione é un procedimento ancora imperfetto […] Dobbiamo procedere con cautela”, intervista a Jan Wilmut).
2. Per quanto riguarda gli Ogm in generale, va precisato che tre quarti dei cittadini della UE sono ad essi contrari e che nell’Unione le colture transgeniche sono in netto calo (-23% rispetto al 2008). Anche perché le promesse di maggiore produttività e di minore inquinamento, fatte per imporli in tutto il mondo, si sono tradotte nell’esatto contrario: riduzione della produttività nel giro di qualche anno (-10%); aumento di quattro volte dell’inquinamento chimico, dovuto all’enorme uso dei diserbanti; aumento della tossicità nell’aria, nell’acqua e nel suolo.
Gli Ogm, invece di sconfiggere la “fame nel mondo”, sono una della cause principali della crisi alimentare in molti paesi. Si è reso sempre più evidente che l’unico beneficio arrecato dagli Ogm è destinato ai bilanci delle aziende biotech e deriva dal brevetto che li copre. Le aziende puntano a estendere sempre più queste loro “proprietà”, fino ad includervi ogni pianta di interesse alimentare e ogni animale destinato alla zootecnia (anch’essi modificati a tale fine). Chi detiene un monopolio fa quello che vuole: riduce la qualità e aumenta i prezzi, senza il minimo riguardo per la sovranità alimentare e per la sicurezza alimentare dei popoli più poveri.

La notizia della mancata regolamentazione della carne clonata (prodotta con animali modificati e poi clonati) e quella del latte da produrre con le mucche Ogm (anch’esse modificate e poi riprodotte con la clonazione) del 31/03/11 e del 4/04/11 segnano un nuovo passo avanti nella strategia per il controllo della catena alimentare.

Non occorre essere degli esperti per capire che è giunta l’ora di opporsi a chi, con il monopolio di tutta la produzione mondiale di cibo, vuole controllare le nostre esistenze future. Non si può continuare a subire passivamente questa guerra di conquista economica.

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01 aprile 2011

I segreti della bistecca clonata

COMUNICATO EQUIVITA 31/03/11

Gli interessi commerciali, ancora una volta, prevalgono sulla tutela della salute, dell'ambiente e del principio di precauzione a Bruxelles

In occasione della revisione del “Regolamento 258/97 sui nuovi prodotti e ingredienti alimentari" (Novel Foods) e del dibattito sugli alimenti derivanti da animali clonati o loro discendenti, la proposta del Parlamento di un'etichettatura obbligatoria per tali alimenti è stata respinta dal Consiglio dei Ministri. Rimane dunque intatta quella che il Commissario alla Salute John Dalli ha definito, con allarme, una condizione di "completa assenza di controllo". Sarà, infatti, ancora possibile immettere sul mercato, senza previa autorizzazione, né etichettatura di riconoscimento, prodotti alimentari derivati dai discendenti degli animali clonati (ne’ ci conforta sapere che la commercializzazione dei prodotti derivati da cloni "di prima generazione" richiederà invece espressa autorizzazione ... tale autorizzazione non sarà mai richiesta: l'animale clonato ha un costo troppo elevato per essere destinato al macello).

L'ostilità della grandissima maggioranza dell'opinione pubblica alla riproduzione clonata degli animali, basata su ragioni scientifiche, ambientali, etiche e giuridiche, si evidenzia in alcuni dati significativi:
1997: in Italia il Ministro della Sanità Rosy Bindi vieta la clonazione animale;
2001: gli USA adottano una moratoria volontaria sull’immissione in commercio dei prodotti derivati da animali clonati nonostante le forti pressioni dell’industria biotech;
2007: in USA, un sondaggio Gallup effettuato in occasione del "Cloned Food Labeling Act", dimostra che il 65% dei cittadini è contrario alla clonazione animale e all'acquisto dei prodotti da essa derivati;
3/9/08: il Parlamento Europeo adotta una risoluzione contro la clonazione animale a scopo alimentare;
2009: la Commissione Europea propone una moratoria quinquennale sulla clonazione animale a scopo alimentare;
07/07/10: il Parlamento Europeo vota a maggioranza schiacciante contro la clonazione animale a scopo alimentare.

Il dissenso si basa su numerose e assai valide ragioni. Ecco riassunti i punti principali:

• I danni che derivano da una visione riduzionista, o meccanicistica, della materia vivente, in virtù della quale gli animali sono assimilati a prodotti industriali (vedi il caso dei polli alla diossina o della mucca pazza).

• Il rischio di danni ancora più diretti derivante dal consumo di animali “difettosi” sin dalla nascita.
Pochi ricordano, a questo proposito, che lo stesso lan Wilmut del “Roslin Institute”, "padre" della pecora Dolly, ha dichiarato: "Abbiamo prove che la clonazione produce difetti: artrite e invecchiamento precoce, nel caso di Dolly. Essa è un procedimento ancora imperfetto. Dobbiamo procedere in modo cauto", (vedi la Repubblica del 29/04/02, articolo “L'allarme del padre di Dolly: i cloni hanno difetti genetici"). Gli scienziati del “Roslin Institute” scoprono nel 2002 che sia Dolly che le altre pecore clonate nascono con alterazioni cromosomiche che le rendono geneticamente difettose sin dalla nascita. Wilmut, prosegue l'articolo (di Riccardo Trizio), ritiene che l'invecchiamento precoce non sia l'unico difetto prodotto dalla clonazione: vi è gigantismo nelle mucche, ingrassamento abnorme e aumento della placenta di quattro volte nei gatti, difetti del sistema immunitario e cardiaci in altri mammiferi. Wilmut chiede con insistenza maggiore trasparenza ai ricercatori, che a suo parere sono in possesso di segreti non rivelati sui difetti genetici degli animali.

• Il gravissimo problema etico causato dal mancato rispetto degli altri essere viventi. La clonazione reca un'enorme, non quantificata, sofferenza agli animali, siano essi la pecora Dolly, affetta da artrite e invecchiamento precoce, siano essi i "prodotti di scarto” di una tecnologia del tutto imperfetta che fallisce in oltre il 95% dei casi.

• I danni che derivano alla biodiversità animale e, di riflesso, alla nostra sicurezza alimentare, poiché l’industrializzazione della produzione porterà a una riduzione delle varietà animali.

Ma vi è un’ulteriore considerazione di cui poche persone sono oggi consapevoli: il danno politico, sociale ed economico portato all'umanità da un altro passo verso la privatizzazione del nostro bene comune più importante: la materia vivente del pianeta. Dietro alla clonazione animale, riproposta di frequente negli ultimi decenni, vi è il progetto delle industrie biotech: accrescere ancora più il controllo sulla produzione alimentare mondiale, estendendolo anche alla zootecnia.
La riproduzione clonata è necessaria per ottenere nell'animale ciò che nelle piante avviene perlopiù spontaneamente: la conservazione, da una generazione all'altra, di una modifica genetica introdotta. Questa modifica ha permesso, fino ad oggi, mediante il brevetto la proprietà esclusiva della pianta e la riscossione dei diritti di brevetto a ogni ciclo riproduttivo.
L'animale clonato sarà, ne siamo più che certi, un animale modificato per produrre di più (carne, latte, lana o altro ...). Il controllo sulla produzione alimentare da parte delle aziende biotech è in continuo aumento e, al momento attuale, tenta di estendersi anche ai "prodotti non geneticamente modificati". L'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) ha iniziato il rilascio di brevetti anche su piante e animali riprodotti con metodi convenzionali, pur essendo tuttora in corso una vertenza su tali brevetti presso l’Alta Corte d’Appello dell’EPO (vedi comunicato EQUIVITA 09/03/11, http://www.equivita.it/).

Per il Comitato EQUIVITA è d’obbligo infine denunciare un altro progetto ambito da alcuni scienziati e implicitamente promosso attraverso la clonazione animale. E’ il business più grande di tutti i tempi: la clonazione umana (con la produzione di “designer babies”, o bambini su ordinazione). Vi è perfino chi, già nel 1998, non vedeva “nulla di male” nella produzione di umanoidi anencefalici, prodotti con cloni di embrioni umani, quale deposito di organi per trapianto (Time Magazine, 18 gennaio 1998, articolo sul Prof. Lee Silver di Princeton).


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